Oltre la metà dello spazio della pattumiera delle case italiane è occupato da imballaggi: scatole, bottiglie e pacchi con i quali sono confezionati i prodotti della spesa e che generano complessivamente 12 milioni di tonnellate di rifiuti, il 40% della spazzatura che si produce ogni anno in Italia. Si tratta dell’effetto congiunto delle strategie di marketing, che puntano molto sulle confezioni per favorire le vendite, anche in considerazione della riduzione dei formati a favore dei single e delle famiglie sempre meno numerose. Oggi l’agroalimentare è il maggior responsabile della produzione di rifiuti da imballaggio che, oltre all’impatto ambientale, ha una incidenza notevole sui prezzi, sia in quanto componente sempre più rilevante del costo del prodotto, sia per il fatto che aumenta il peso da trasportare. Il risultato è che ad esempio, i barattoli etichettati costano più dei fagioli contenuti, le bottiglie più della passata, i brick più del succo di frutta e le scatole più del grano di cui sono fatti i biscotti. Nei fagioli in barattolo la confezione incide per il 26% sul prezzo industriale di vendita, mentre per la passata in bottiglia da 700 grammi si arriva al 25%, per il succo di frutta in brick al 20% e per il latte in bottiglia di plastica sopra il 10%”. Nella spesa alimentare degli italiani, quindi, gli imballaggi incidono sia sulle tasche che sull’ambiente. Un rimedio possibile è la diffusione di nuove tecnologie distributive come, ad esempio, la vendita di prodotti “alla spina”, promosse anche grazie alle vendite dirette effettuate dai produttori.
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