giovedì 23 luglio 2009

Il Partito del SUD e la questione meridionale

La questione meridionale è tornata all’onore delle cronache e “il Partito del Sud” ha svolto bene la sua funzione provocatoria.
Appare evidente che chi discute se il Partito del Sud si deve fare oppure no è confuso o in cattiva fede.Gianfranco Miccichè se avesse l’ambizione di fondare un partito lo farebbe senza certamente pretendere il benestare dal PDL, la logica ha delle regole a cui anche Miccichè deve attenersi. Questo per dire che chi pensa che la partita si giochi intorno alle ambizione politiche di Miccichè, di Martino o della Prestigiacomo non ha capito la portata del problema e cosa ci stiamo giocando. Il Partito del sud è la conseguenza della derubricazione del sud a problema secondario e marginale, infatti da quando ha fatto capolino si è cominciato a discutere di cose concrete e sono emersi elementi gravissimi. Ma in gioco non c’è l’interesse del sud ma di tutto il Paese stretto dalla morsa leghista e “Tremontiana” che nascondono un progetto eversivo, quello di dividere l’Italia, e visto che non è possibile farlo sotto la spinta della gente perché la Lega neanche al nord è maggioranza e sarebbe proprio il nord ad opporsi a questo delirio, allora ricorrono ad un progetto oscuro che cerca di prendere corpo attraverso un gioco manipolativo delle risorse teso ad accentuare i conflitti sociali e quindi favorire le condizioni naturali di una secessione che sarebbe una tragedia. L’identità nazionale, la Patria, sono valori centrali in un mondo globalizzato e per uno Stato che ha perso anche il potere di battere moneta. Ecco che l’idea della Banca del Sud una rivisitazione della Cassa del Mezzogiorno vuole mettere nelle mani di pochi la gestione delle risorse non per garantirne l’utilizzo ma per determinarne il fine. Quando Tremonti dice che la disparità Nord e Sud è cresciuta dice una cosa falsa che l’economista Gianfranco Viesti pochi giorni fa sul Corriere ben documentava. La verità è che in Italia è aumentata la disparità tra ricchi e poveri a prescindere da dove risiedano, mentre la disparità tra nord e sud ha accentuato il divario sui diritti non solo su quello al lavoro ma soprattutto quello alla salute e alla sicurezza. Ma Tremonti non teme il Partito del sud perché reputa i meridionali incapaci di coalizzarsi e organizzarsi, lo ha detto chiaramente ieri con una frase da brivido razziale: “Chi ha pensato al Partito del Sud ha ignorato fatti di antropologia e di costume” senza che nessuno (eccetto il solito Miccichè) lo seppellisse sotto una valanga di pernacchie. Come si doveva seppellire sotto una valanga di sberleffi il tentativo non ancora sventato di escludere le politiche ambientali dalle strategie energetiche che altro non era che un attacco al ministro Stefania Prestigiacomo che veniva esautorata da questa competenza istituzionale che passava come ovvio a Scajola (sviluppo economico) ma anche a Calderoli, Ministro della semplificazione legislativa che non si capisce cosa ci azzecca, se non lo si inserisce nella logica eversive e demolitiva dello stato italiano che lo portò a suo tempo a promulgare la legge definita “Porcellum” che ha raggiunto l’obbiettivo di allontanare gli eletti dagli elettori. Questa è la logica e su questo si articola il confronto, in questi giorni e nei prossimi mesi avremo di fronte una strettoia storica su cui si gioca non il futuro di qualche politico e tantomeno quello di qualche partito presente o futuro, ma bensì il destino di tutto il paese, dell’intera nazione.

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