martedì 28 luglio 2009

Il Partito del Sud... l'analisi di Luigi Crespi

28 lug. - Il partito del Sud è “un’iniziativa lodevole” ma c’è stato “un problema di comunicazione”, perché “pensare che a gestire i fondi Fas saranno gli stessi amministratori al potere ora” è un’ipotesi che “fa rabbrividire i meridionali”. I quali, “sfiduciati dalla politica”, non avranno un vero cambiamento senza “una rivoluzione culturale copernicana”.

Luigi Crespi, sondaggista e analista politico, ha spiegato al VELINO la sua idea sul partito del Sud e le direttrici secondo cui potrebbe svilupparsi. A partire da un dato di fatto: a Sud ci sono margini di manovra, a patto che “a un’operazione politica ben strutturata corrisponda una comunicazione altrettanto specifica”.

“Alle elezioni europee – ha osservato il sondaggista - alla perdita di voti del Pdl non è corrisposto un aumento a favore di altri partiti. È calato il Pdl, ma non è cresciuto l’Mpa. Il Pd è al minimo storico. Al Sud è in corso un abbandono della politica. Gli attuali partiti, evidentemente, non sono in grado di dare risposte ai cittadini”. Perciò “chi saprà fare proposte valide al Sud ne ricaverà un vantaggio”.

Anche perché nel Mezzogiorno “esiste un deficit di fiducia sia nella politica che nei dirigenti” che essa esprime: “Oltre l’80 per cento dei meridionali – ha sottolineato Crespi - non ha fiducia nei politici, e la questione è trasversale a tutti i partiti. Un’opzione per ridare fiducia avrebbe quindi un senso”.

L’iniziativa del partito del Sud, di per sé “lodevole”, ha registrato “errori nella comunicazione”, a partire dall’uso mediatico dei fondi Fas.

“Non sono conosciuti dalla maggioranza dei meridionali e comunque l’idea che tali fondi siano gestiti dagli stessi politici, come ad esempio Bassolino, fa rabbrividire i cittadini. Deve esserci un rinnovamento della classe dirigente”.

Crespi ha ricordato che “il motivo per cui la gente al Sud sceglie di votare un partito” è spesso quello che “volgarmente viene definito clientelismo. Il rapporto diretto di convenienza – ha evidenziato - fa sì che i cittadini votino un candidato senza credere nell’opzione politica”.

Crespi non ha dubbi: “Non può esserci un cambiamento senza un moto di ribellione, una rivoluzione di linguaggio, culturale, copernicana nel Mezzogiorno”. Che, ha aggiunto, “ha bisogno di una richiesta politica sostanziata”, a cui i fondi Fas non possono rispondere. “Il ritorno della parola orgoglio al Sud”, secondo Crespi, potrebbe essere un minimo comun denominatore. Ma l’analista ha anche pragmaticamente messo in luce come manchi, anche a livello comunicativo, un’idea chiara di progetto del partito del Sud: “È un qualcosa che non si capisce. Cioè è l’idea di Lombardo, che includerà anche Bassolino e Loiero? Non credo che sia una operazione valida nel Mezzogiorno. O è il progetto che vogliono i colonnelli di An, un partito federato al Sud, una sorta di modello alla catalana? Oppure è quello di Miccichè, che non abbiamo ancora ben capito?”. Crespi ha smentito di essere “lo spin doctor” di questa operazione, anche perché “non c’è un soggetto con il quale farla”. “Il mio legame con Miccichè – ha affermato il sondaggista - è personale e sono d’accordo con le sue intuizioni e istanze politiche, ma sul partito del Sud non trovo un riscontro nella comunicazione mediatica”.

Anzi, l’istanza di Miccichè “in termini di comunicazione ha portato vantaggi alla Lega (che è tuttora una realtà provinciale e non è neanche maggioranza al nord) e a Lombardo. Non mi sembra sia questo il modo di partire dal punto giusto”.

Al Sud occorre, ha concluso, “una rivoluzione ‘liberale e liberante’. Senza questi due fattori, non si va da nessuna parte”. (Velino)


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